
Se pensiamo a luoghi che parlano all’anima con il linguaggio della pietra e del silenzio, la Grotta di San Michele Arcangelo a Minervino Murge è certamente uno di questi. Scavata nelle viscere della Murgia, tra calcari modellati dal tempo e sacralità sedimentata nei secoli, questa cavità naturale è molto più di una chiesa rupestre: è un ponte tra l’umano e il divino, tra la storia visibile e le sue radici invisibili.

Una storia che affonda nelle origini del culto micaelico
La prima menzione documentata della grotta risale al 12 febbraio dell’anno 1000, in una pergamena conservata a Montecassino. Ma le sue origini sono certamente precedenti. Gli archeologi hanno rinvenuto reperti che testimoniano una frequentazione già in età precristiana, con ceramiche databili al VII secolo a.C. Questo suggerisce un utilizzo rituale del sito ben prima che venisse consacrato al culto di San Michele, in linea con un fenomeno molto diffuso in tutta l’Europa meridionale: la “cristianizzazione” di grotte sacre già note in epoca pagana.
San Michele, del resto, è l’arcangelo che difende, guarisce, protegge. Il suo culto si diffonde capillarmente nel Medioevo lungo vie di pellegrinaggio che collegano i santuari d’Europa con quello di Monte Sant’Angelo sul Gargano. La grotta di Minervino, in questo sistema, rappresenta una delle tappe più affascinanti, sia per il suo valore simbolico che per la sua posizione dominante sulla valle dell’Ofanto.
Dentro la grotta: una chiesa scolpita dalla natura


L’ingresso alla grotta si raggiunge al termine di un sentiero ripido in salita che parte a poche centinaia di metri dal margine dell’abitato di Minervino Murge. All’esterno, su un piazzale ombreggiato da alcuni alberi – che offrono ristoro nei mesi più caldi – si trovano panche in legno e una semplice facciata architettonica: due colonne in pietra sorreggono una trabeazione, sormontata da un piccolo campanile a vela.
Superato il portone, si accede a un ampio antro naturale che si spinge per circa venti metri di profondità nella roccia, anticipato da una scenografica scalinata scavata direttamente nel banco calcareo. La luce, filtrando appena dall’ingresso, crea un’atmosfera rarefatta e sospesa, dove il tempo sembra arrestarsi. Le pareti naturali, levigate dalla storia, convergono idealmente verso l’altare maggiore, mentre al centro della cavità si erge solenne la statua dell’Arcangelo Michele, simbolo di giustizia e protezione.

Durante la discesa, una piccola cappella votiva dedicata al Crocifisso Nero di Minervino annuncia già il carattere sacro del luogo. Due ballatoi laterali testimoniano la partecipazione popolare alle celebrazioni dell’8 maggio, giorno dell’apparizione micaelica sul Gargano: da uno si affacciava il clero durante la liturgia, dall’altro suonava la banda cittadina, dando voce e suono alla devozione.
Accanto alla dimensione spirituale, resistono le tracce della vita quotidiana e del pellegrinaggio: incisioni votive, croci, piccole vasche scavate nella roccia. Queste ultime, in passato, venivano utilizzate dal romito – il custode della grotta – che abitava nella modesta dimora sopra l’ingresso e si occupava dei riti di benedizione dei corpi, secondo tradizioni arcaiche e popolari.


Per il suo valore storico, culturale e geologico, la Grotta di San Michele di Minervino Murge è stata candidata come sito UNESCO, nell’ambito di un più ampio riconoscimento dei geositi carsici della Puglia e del patrimonio rupestre legato al culto micaelico. Una candidatura che punta a far conoscere al mondo la bellezza nascosta della Murgia, fatta non solo di paesaggi aridi e poetici, ma anche di luoghi dello spirito sospesi tra la terra e il cielo.
Perché visitarla?
Per chi ama la storia, la spiritualità o semplicemente l’incanto dei luoghi fuori dal tempo, la grotta rappresenta una tappa imperdibile.
La vera esperienza resta la discesa nella grotta. Camminare tra quelle pietre antiche, fermarsi in silenzio, ascoltare il battito della terra… È un viaggio interiore che, come spesso accade nei luoghi di San Michele, non lascia indifferenti.
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