I taralli di Andria, fatti a mano dai detenuti, donati a Papa Francesco

I taralli andriesi, realizzati dai detenuti, direttamente nelle mani di Papa Francesco. Una delegazione con alcuni detenuti pugliesi accompagnati da don Riccardo Agresti ha fatto visita al pontefice nell’Aula Paolo VI, per l’udienza generale. Poi l’incontro in Sala Nervi. Il gruppo ha portato con sé taralli e pasta, i prodotti che realizzano artigianalmente con le loro mani nella masseria ad Andria, nell’ambito di «Senza sbarre»: un progetto diocesano che è molto più di un reinserimento sociale di chi ha commesso un reato.

Al Papa lo ha fatto presente Matteo, un ragazzone che viene dal Senegal e che, per l’occasione, ha indossato il suo vestito migliore, il più elegante. Matteo parla anzitutto di «dignità» e «speranza». E lo fa in un italiano impeccabile, persino con qualche sfumatura in dialetto pugliese. 

«Per Francesco – confida Matteo – ho preparato i taralli migliori e la pasta più buona! Ce l’ho messa tutta, e volete sapere perché? Il Papa ripete sempre ai potenti che nessuno deve essere scartato, sì, mai più una persona deve essere scartata».

Matteo è il nome che il giovane senegalese ha scelto per sé al momento del battesimo in carcere, dove si è convertito.

Racconta che i suoi colleghi – «sono amici, anzitutto» – dopo una giornata di lavoro al pastificio «la sera rientrano in carcere o, comunque, a casa se sono agli arresti domiciliari». Non nasconde «la pesantezza» ma «non c’è da lamentarsi» ammette.

Le parole «rassegnazione» e «scoraggiamento» non fanno parte del vocabolario dei protagonisti di «Senza sbarre», sostenuti dal vescovo di Andria, mons. Luigi Mansi. Con don Riccardo Agresti e don Vincenzo Giannelli c’è anche Giannicola Sinisi, magistrato della corte di appello di Bari. Ma soprattutto un agguerrito esercito di volontari.

Al gentile omaggio Papa Francesco ha risposto così: «Ragazzi che cosa non ho fatto per non stare nelle vostre condizioni. Mi raccomando non demordete, bisogna cambiare il mondo».

Il progetto prevede la produzione di prodotti tipici pugliesi come pasta, taralli e olio che vengono interamente prodotti dai detenuti nella masseria San Vittore. 

«Un grazie speciale – racconta don Riccardo Agresti – va al tribunale di sorveglianza di Bari che ha permesso ai detenuti di fare quest’esperienza».

Da La Gazzetta del Mezzogiorno

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