La fidanzata di Custodero: “Il brindisi di Capodanno intorno al letto di Giovanni

Da un’intervista di Repubblica:

“Sapete qual è il ricordo più pazzo? Giovanni e io lanciati con una carrucola tra due montagne, in Basilicata, per fare il “volo dell’angelo”. Era il 2017, a Giovanni avevano già amputato la gamba, ma era ancora forte e bellissimo. Volavamo felici, mano nella mano, sicuri di aver sconfitto la malattia”. Luana dice che se tornasse indietro rifarebbe tutto, attimo dopo attimo. “Dopo il primo ricovero Giovanni me lo chiese: ho il tumore, sei sicura di voler restare con me? Domanda assurda, lui era il mio amore”.

Ha soltanto ventidue anni Luana Amati, fidanzata di Giovanni Custodero, l’ex calciatore del Fasano morto quattro giorni fa, per un sarcoma osseo, dopo aver scelto la sedazione profonda. “Ero una ragazzina quando l’ho incontrato, la nostra storia mi ha reso adulta”. Insieme agli amici più cari, alla mamma Elena e alla sorella Mariana, Luana ha accompagnato Giovanni nel lungo sonno verso la morte.

Luana, riesce a raccontare i vostri ultimi giorni?
“I più belli e i più tristi della nostra vita. All’inizio di dicembre Giovanni ha saputo dai medici che davvero non c’era più nulla da fare, la malattia era all’ultimo stadio. Così ha scelto come vivere i suoi ultimi giorni”.

Nell’intensità di ogni momento, aveva scritto su Facebook.
“Ha deciso di comunicare a tutte le persone più care lo stato della sua malattia e la volontà di morire. Non ne poteva più di soffrire. Se fosse stata legale, Giovanni avrebbe chiesto l’eutanasia”.

Ne avevate parlato?
“Sì. Ha chiesto alla sorella Mariana di portare avanti, in suo nome, la battaglia per l’eutanasia legale”.

I giorni dell’addio.
“Non facevamo altro che salutarci. Ci siamo isolati, lontani dai social e con i telefoni spenti, per non buttare via nemmeno l’ombra del tempo. Giovanni ha voluto accanto a sé gli amici più cari, per ognuno una battuta, un ricordo, un abbraccio”.

Tutti insieme intorno al suo letto.
“Una tribù. Francesco, Davide, Vito, Ardit, Luigi, la mamma, la sorella, io. Sempre lì. Eravamo straziati ma c’era una strana allegria. Ci diceva: “Sorridetemi”. A Capodanno abbiamo cenato e brindato nella sua stanza. E lui a incitarci di non avere paura”.

E lei?
“Quando Giovanni mi ha detto di voler morire, mi sono stesa accanto a lui. Mi girava la testa. Siamo stati ore in silenzio. Poi, però, mi ha spronato: “Luana, vai e spacca tutto, realizzati, vivi””.

Lei ha appena finito la specializzazione da estetista.
“Giovanni sapeva quanto tengo la mio lavoro. Ma adesso, dopo tutto quello che ho visto nei reparti oncologici, ho deciso che farò un corso di estetica particolare per le donne in chemioterapia. Quando si perdono i capelli, le sopracciglia, ma si ha voglia, invece, di sentirsi ancora belle”.

Il vostro è stato un amore intenso, durato, purtroppo, soltanto quattro anni.
“Ho conosciuto Giovanni in un ristorante di Savelletri dove lui faceva il cameriere. Mi avevano colpito la sua spensieratezza e l’allegria. Sorridi che il mondo sorriderà a te, era il suo motto. Il mare, il sole, il cibo buono, il calcio, l’amore. Giovanni era così. Diceva che il vero coraggio era guardarsi negli occhi”.

Il sarcoma osseo gli viene diagnosticato nel 2016.
“Ha reagito da guerriero. Quando gli amputarono la gamba mi chiese se lo volevo ancora”.

La sua risposta?
“Con una gamba in più o meno – avevo detto – sei sempre il mio Giovanni”.

Ci vuole coraggio a 18 anni.
“Per me è stato naturale. Ero innamorata. Partivo da Fasano e lo raggiungevo in ospedale a Firenze. Diceva che ero la sua aria, il suo ossigeno. Con la protesi siamo andati anche in viaggio a Parigi. Mi aveva chiesto di prenotare il nostro viaggio di nozze in Islanda. Giovanni non lo fermava nessuno”.

Infatti era diventato un simbolo.
“Ha scelto di condividere la sua battaglia sui social. La sua forza d’animo colpiva. La sfida per trovare i soldi delle cure per cui nel 2018 aveva lanciato le magliette con il disegno di un elmo, da guerrieri, appunto.  Lo seguivano migliaia di malati. Chi aveva bisogno di conforto andava da Giovanni. E lui utilizzava il raccolto delle donazioni per portare allegria e giocattoli ai bambini dei reparti oncologici”.

Un ragazzo speciale, Luana.
“Durante la sedazione, ogni tanto apriva gli occhi e mi mandava un bacio. Il giorno in cui è morto, nel dormiveglia, mi ha abbracciato con una forza pazzesca, pensavo che i miei capelli lo soffocassero. Poi piano piano mi ha lasciato e ho capito che non c’era più”.

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