Un palloncino parte da Taranto e arriva in Arabia: il sogno di un ingegnere

I ragazzi delle scuole della Germania dell’Ovest lanciavano palloncini con dentro messaggi raccolti da coetanei dell’altra parte del Muro. Si incontrarono dopo la riunificazione. Un’idea romantica un po’ come quella di Roberto Pietrafesa, 44enne ingegnere originario di Bernalda, in Basilicata, ma da 13 anni residente a Monteiasi, piccolo centro della provincia di Taranto. E’ iniziato da qui il progetto Luisa.

Il primo dicembre è partita, dal terrazzo di casa, la sua prima missione: il lancio di un palloncino in mylar, gonfiato a elio con appeso un piccolo trasmettitore in grado di sprigionare un segnale bassissimo, da 10 milliwatt, e dotato di sei pannelli solari da quattro centimetri per due e 0,36 grammi di peso, spessi un quarto di millimetro, protetti da un letto di polistirolo, capaci di erogare tre volt complessivi di elettricità. Sganciatosi dalle mani sue e della moglie a mezzogiorno, alle 8.30 del mattino seguente, alla velocità di 110 chilometri orari, era già sui cieli al confine tra Egitto e Israele.

Dopo 30 ore e 3 mila chilometri a un’altezza massima di 8 mila 700 metri ha terminato la sua navigazione nel deserto dell’Arabia Saudita, forse a causa di una perturbazione. “Poesia applicata all’elettronica dal peso di 4,85 grammi” la definisce l’addetto al controllo qualità dello stabilimento Leonardo di Grottaglie. Sul trasmettitore c’è anche l’indirizzo email dell’ingegnere elettronico, speranzoso che qualcuno magari lo contatti. “È bello sapere che qualcosa da te creata e lasciata volare via sia ora nelle mani di una persona dall’altra parte del mondo”.

Che è poi il prossimo obiettivo delle missioni Luisa 2 e seguenti: fare il giro del mondo in 16 giorni (circa). A febbraio è previsto il secondo lancio che spera di superare quota 10 mila 500 metri per navigare come gli aerei di linea al di sopra delle nuvole e delle precipitazioni, per poi viaggiare verso Est assecondato dai venti, dalla rotazione della Terra e compiere un giro completo.

Lo scopo? “La felicità –  spiega Pietrafesa – , anche quella di sapere che un ragazzo di 18 anni possa leggere questo articolo e magari dar sfogo alla propria creatività o iscriversi a ingegneria, perché ne comprende l’infinità di applicazioni e, in questo caso, la realizzazione di un progetto ambizioso e idealista a basso costo. I componenti della scheda, il pallone e il gas costano poco meno di dieci euro”.

Un progetto che va avanti dal 2016 nel piccolo laboratorio domestico dell’ingegnere laureatosi al Politecnico di Torino prima di approdare in Puglia, realizzato col tempo a disposizione nei fine settimana e dedicato alla mamma, Luisa. “Che è viva, ci tengo a precisare, visto che qualcuno ha commentato, e lo ringrazio comunque: ‘Tua madre vedrà il tuo esperimento da più vicino da lassù'”.

Il suo è un hobby che nasce dalla passione di radioamatore, che esercita con licenza e nominativo IZ7VHF. Ed è proprio questa esperienza a risultare preziosa assieme al motto di Plinio, sottolinea, dal racconto Il fanciullo e il delfino: crescit audacia experimento. Vale a dire il coraggio cresce con la conoscenza. Ed è lo spirito da fanciullo l’ingrediente che lo ha portato a immaginare come potevano essere sfruttati un serie di fattori.

“Il segnale da 10 milliwatt – spiega – non è ovviamente in grado di arrivare a 3 mila chilometri. Basti pensare che uno smartphone con 250 milliwatt ha bisogno di un ripetitore a due chilometri per captare il suo segnale. Il sistema sfrutta la propagazione ionosferica, fenomeno naturale per il quale le onde elettromagnetiche della banda HF rimbalzano su e giù, perdendo energia. Bisogna considerare che ogni rimbalzo è di circa 2 mila chilometri. A quel punto – precisa –  il segnale entra nel raggio di azione di una rete di radioamatori di tutto il mondo, che serve a controllare le condizioni della propagazione ionosferica in tempo reale. Questo grazie al portale Wsprnet.org (Weak signal propagation reporter) visualizzatore della propagazione di segnali deboli, sistema ideato dal radioamatore e premio Nobel per la fisica nel 1993, Joe Taylor. Una volta lanciato, il pallone entrerà giocoforza nella fitta rete delle stazioni riceventi collegate a questo sistema. Chi riceve il suo segnale lo comunica in automatico al server centrale attraverso la rete. È così che il segnale del palloncino in Arabia Saudita è stato ricevuto da un radioamatore di Milano”.

Sono una ventina i lanci in programma nel 2020. “C’è chi mi chiede di mandare in volo un proprio capello o un proprio pensiero. A me piacerebbe far fare il giro del mondo a un disegno di un bambino in cura e magari regalargli della felicità, mentre segue il viaggio della sua creazione attorno mondo”.
L’ingegneria applicata alla poesia è questa. Come fu per i ragazzi delle due Germanie. “Avere un sogno – dice Roberto – è importante in virtù del cammino, non necessariamente del traguardo”.

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